Gli addetti al lavoro in tale campo hanno compreso che “LA POTENZA NON è NULLA SENZA IL CONTROLLO” e quindi non è sufficiente possedere un buon motore se poi la vettura non ha la capacità di scaricare perfettamente tale forza al suolo. Ne consegue che:
Motore potente ma Assetto scadente = Perdita di Prestazione ↓
Motore potente con Assetto efficiente = Aumento della Prestazione ↑
Da tali postulati si evince sempre più l’importanza dei piccoli particolari legati all’assetto e all’equilibrio tra gli organi di movimento e quelli di distribuzione.
Paragono dunque l’atleta ad una macchina da corsa, anch’esso pur possedendo caratteristiche e capacità psicofisiche eccellenti può avere o difficoltà a raggiungere il massimo della prestazione o avere mancanza di continuità legata a continui fattori di “rottura”.
Questi fattori negativi possono essere legati a condizionamenti esterni relativi alla specialità sportiva ma il più delle volte sono dovuti a specifiche predisposizioni strutturali e/o funzionali dell’atleta.
Quindi, oltre a tutto, la preparazione fisica, atletica e tecnica che si fa per rendere competitiva la nostra “macchina” diventa indispensabile, valutarla biomeccanicamente e posturologicamente sia in situazione statica sia soprattutto nella condizione , dinamica.
Da anni si è compreso che il nemico più grande del mantenimento del “sistema” è dato dall’onda di shock originata dalla massa corporea che si viene a schiantare attraverso i piedi, su superfici artificiali estremamente rigide, e quindi in habitat innaturali. L’onda di shock equivale al 4° grado della scala Richter e la sua velocità è di 200 Km/h. Questa caratteristica vibratoria propagatoria è funzione di –velocità –massa –suolo.
Questi fattori generano compensazioni meccaniche muscolo-articolari assai dannose se valutate in rapporto al fattore tempo, tanto che si può quindi sostenere che:
sollecitazione x tempo = trauma e/o riduzione della prestazione atletica
L’ingegneria fisica ci ha infatti insegnato che ogni materia sulla terra possiede un punto e un tempo di rottura:
a sollecitazione pari e costante il fattore che muta è il tempo, la cui durata è funzione delle capacità di assorbimento dello shock.
Oggi con valutazioni funzionali statiche e dinamiche della meccanica corporea si può scoprire se vi sono alterazioni biostrutturali, e di conseguenza valutarne biomeccanicamente il comportamento durante il gesto dinamico.
Oltre alla valutazione posturale di base, oggi è possibile valutare e comprendere meglio la meccanica corporea eretta, studiando il piede quale organo di locomozione con metodologie che permettono la valutazione della deambulazione in tempo reale.
Grazie ad apparecchiature computerizzate baropodometriche- cinematiche- elettromiografiche che registrano il funzionamento del complesso meccanismo della marcia misurando le pressioni esercitate al suolo e le modificazioni muscolo-articolari in relazione ad esse.
Siamo riusciti, intervenendo su questi concetti, a migliorare la meccanica della “macchina uomo” stoppando le sollecitazioni che il piede assorbe dal terreno ed eliminando le instabilità create da essa a carico della parte articolare sovrasegmentaria e le relative compensazioni muscolari date dalla risultante di eccessi di contrattura o lassità tra agonisti ed antagonisti.
Ciò, attraverso l’applicazione sotto il piede di una innovativa ed esclusiva interfaccia plantare dinamica (ortesi podolistica, chiamata dal Prof. Avagnina T.O.R-timing orthotic rebalance) capace di ottimizzare la comunicazione tra struttura corporea e terreno, creando una situazione ideale di assetto neutro capace sia di esaltare le prestazioni dell’atleta ma soprattutto di prevenire le rotture e ottenere la buona conservazione della “Macchina Atleta”. Ma anche dopo l’impiego agonistico dobbiamo garantire all’ “Atleta Persona” un’eccellente funzionabilità per quelle che sono le normali funzioni fisiologico-motorie dell’intera vita quotidiana.